Presentazione

La spinta ad aprire questo sito viene dal desiderio di partecipare alla discussione sui temi che attirano l’attenzione generale ma soprattutto dal proposito di segnalare stimolare il dibattito su una serie di argomenti che pur essendo di importanza basilare sfuggono all’attenzione e non vengono percepiti come tali.
Spesso si tratta di argomenti sottovalutati per superficialità e insufficienza culturale quanto non per ruvidi interessi strumentali.
Si tratta di casi più frequenti di quanto comunemente si pensa e crediamo utile e interessante farli emergere evidenziando la loro importanza sottoponendoli alla pubblica valutazione.

Sono nato in Abruzzo.in un paesetto tra le montagne ricco soltanto di una splendita vista della cima del “Gran Sasso” a Sud e della catena della “Laga a Nord-Est”.

Nel pieno del “Miracolo Economico”, intorno alla metà degli anni ’50 ,mi laureo in ingegneria chimica presso l’università di Roma.
Era, allora, una specializzazione recentissima, adottata ancora da poche università, che trattava in particolare l’utilizzazione degli idrocarburi come sorgente energetica e come materia prima di una nuova branca della chimica: la petrolchimica, appunto.
Si trattava di sostituire il carbone con una sorgente energetica più pulita e agevole da usare. Ma, soprattutto, si prospettava la possibilità di produrre intere categorie di nuovi materiali con caratteristiche impreviste e adattabili per una infinità di nuove applicazioni industriali e civili.

Malgrado la debolezza della nostra economia, storicamente arretrata rispetto alla rivoluzione industriale che già realizzata ampiamente nei paesi del centro e nord Europa e gli USA, il contributo italiano a questa difficilissima “gara” fu intensa. e ricca di risultati.
In pochi anni si svilupparono competenze e Know-How adeguati a competere in prima linea sul mercato internazionale. A metà degli anni 70 l’Italia era al primo posto in Europa e tra i primi nel mondo nella progettazione e costruzione di impianti petroliferi.
Altrettanto rilevanti, furono i nostri contributi nella petrolchimica. Nel ’63 l’ing. Giulio Natta del politecnico di Milano vinse, per la prima volta della storia della chimica italiana il premio Nobel per i sorprendenti risultati ottenuti nella produzione di particolari materie plastiche di utilissime caratteristiche e ritenute fino ad allora impossibili dalla ricerca internazionale.
Fu un evento di straordinario rilievo scientifico e profondo impatto sociale fu anche evidente che l’arretratezza del sistema economico italiano poteva essere superata. Le capacità potenziali esistevano e fortunatamente si sviluppò un “Management” e una classe dirigente moderni capace di guidare e potenziare le competenze emerse stimolando non solo lo sviluppo industriale ma un avanzamento culturale generale del Paese.
Particolare rilievo fu la presa di coscienza che il progresso delle moderne economie era basato sull’innovazione tecnologica che non era il risultato di singole geniali intuizioni, ma era il prodotto del duro e sistematico lavoro condotto da personale di grande cultura capace di operare con spirito di gruppo in organizzazioni integrate. In questo quadro “l’idea geniale”, storico strumento di sviluppo della cultura classica italiana, èra evidentemente inadeguato. Il dibattito sulle “Due Culture” (la Umanistica e quella Scientifica ) era vivacissimo e sempre più esplicitamente si riconosceva il principio,fino ad allora disconosciuto, che per un sistema economico moderno è indispensabile (come ampiamente dimostrato nell’Europa sviluppata) una cultura scientifica e tecnologica sistematica .che coinvolga l’intera Società.

Ho avuto la fortuna di partecipare personalmente a questi eventi in posizioni di crescente responsabilità e soddisfazione, ma il “Miracolo” si esaurì rapidamente. Già alla fine degli anni ’70 era iniziato un processo di regresso che in pochissimi anni ha condotto l’economia italiana ad una deindustrializzazione praticamente completa dell’economia.

Si è realizzato cosi un nuovo “miracolo Italiano”; questo si unico al mondo.
Il ritorno, da una struttura industriale avanzata posizionata ai primi posti nella classifica mondiale ad una economia “quasi-artigianale”. La maggioranza delle imprese hanno meno di 10-15 dipendenti e, se si esclude l’industria meccanica, la base più diffusa della nostra economia è il “Design”. (Made in Italy, mobili, elettrodomestici. Ceramiche, ecc.)
La grande industria (e quindi la Ricerca) è stata dimessa, e non manca chi sempre più esplicitamente auspica un ritorno all’agricoltura con vesti più o meno fantasiose tutto ciò nell’arco di una sola generazione.!

. E allora che fare?
Semplicemente fare riferimento ai valori alla base del miracolo economico degli anni ’50 e ’60.che possono essere riassunti in due regole essenziali:
– Trasparenza e Valorizzazione del merito.

So bene che la situazione del momento attuale può far apparire queste considerazione ingenue e velleitarie, ma non possiamo non vedere che:
– il mondo è in movimento e progredisce con velocità crescente.
I cinesi sono già in Europa e ne influenzano l’economia con crescente incisività e con prodotti di crescente contenuto tecnologico
-E’ evidente che il mondo occidentale potrà competere soltanto con prodotti di maggior contenuto di Know-How. E questo vale anche per il Brasile, India .i paesi latini la Russia ecc. ecc. Pensiamo davvero di difenderci l’esportazione di occhiali, mobili, il cosiddetto Made in Italy che sostanzialmente è Design e quindi senza “protezione tecnologica” e facilmente imitabili. La nostra industria meccanica esporta con successo ma è di peso limitato a fronte, per esempio, al nostro deficit energetico.Insomma non c’è via di scampo. Bisogna rimboccarsi le maniche e riprendere lo sviluppo,tenendo bene a mente che ce l’abbiamo fatta già un’altra volta in una situazione di partenza più difficile. Come al solito gli Italiani, daranno il loro indispensabile contributo
L’ostacolo più difficile rimane la selezione di una classe dirigente adeguata.ma anche questa difficoltà c’era negli anni ’40 e fu superata. In conclusione:
YES WE CAN !

LIVIO ANTONELLI